Autoassunzioni e fontane di Trevi: «Così è stato drogato il bilancio del Ruzzo»

TERAMO – Tante domande e tante perplessità sui numeri in rosso del Ruzzo sono state sollevate questa mattina dalla Uil alla vigilia di un’assemblea dei sindaci chiamata a dare una nuova governace, ma soprattutto aprire un’era di risanamento per l’acquedotto piegato da 95milioni di debiti. Per ora. Sì perché secondo il segretario provinciale del sindacato, Alfiero Di Giammartino, ci sono poste debitore non ancora contabilizzate destinate a gonfiare ulteriormente un debito che rischia di ripercuotersi gravemente sui Comuni soci e sui cittadini. Nel mirino del sindacato, che oggi ha consegnato in procura una relazione dettagliata su presunte illegalità perpetrate all’interno del Ruzzo, spiccano le “autossunzioni” da parte dei membri del Cda, ma anche irregolarità nelle poste in bilancio. Dai documenti in possesso della Uil sulle posizioni lavorative, emerge che i membri del Cda uscente Vittorio Scuteri, Carlo Capanna, Ferdinando Martini, Serfini Impaloni e dante Di Marco, (ma anche dei precedenti Cda) si sarebbero autoassunti con contratti di collaborazione a progetto attivando anche versamenti contributivi ai fini della previdenza pubblica senza averne titolo. “Sono figure che dovrebbero percepire indennità politiche, come possono giustificare i contratti a progetto? – domandano gli esponenti del sindacato – Ma soprattutto con quali norme di evidenza pubblica si è proceduto a queste assunzioni frutto di contratti fittizi?”. Lo sconcerto del sindacato si spinge più avanti nello “stratagemma” usato per far rimanere il bilancio in pareggio: ovvero quello di inserire il patrimonio immobiliare (dunque anche reti, depuratori e infrastrutture) nelle poste in entrata per “bilanciare” le uscite. “Si tratta di beni demaniali invendibili e dunque indisponibili. Perché metterli in bilancio? E’ come se il Comune annoverasse tra i suoi beni Piazzaa Garibaldi – hanni commentato Di Giammartino e il dirigente della Fpl Uil Giulio Matè-. Ci era riuscito solo Totò a pensare di vendere la Fontana di Trevi”. Motivo secondo cui per il sindacato lo stesso Giani Chiodi, quand’era sindaco di Teramo, si era rifiutato di firmare i bilanci del Ruzzo. “Alla vigilia dell’assemblea del Ruzzo – conclude Di Giammartino – è ora che gli amministratori facciano una riflessione seria e mettano davvero il risanamento dell’azienda al primo posto. E’ inutile prendersela con i poveri fontanieri, o con il personale precario. Quello che è emerso al Ruzzo è un debito pesante che ha un’origine più lunga e di natura ben diversa. Il nostro è un grido di dolore perché di questi tempi è davvero un suicidio mettere in ginocchio un bene pubblico come il Ruzzo. Quel debito dovrà essere sanato se non dai cittadini direttamente, dai Comuni soci. E’ comunque un cane che si morde la coda. Solo il Comune di Teramo (con l’11% delle quote) è esposto per 15 milioni di euro. Adesso abbiamo interessato la Procura, ma speriamo che anche i sindaci adesso facciano la loro parte”